Anche lo sport può far bene alle persone con problemi psichici. E’ la scommessa del progetto TRIATHLON – Indipendenza, Benessere, Integrazione nella Psicosi, promosso da Janssen, in collaborazione con le tre principali Società scientifiche in Psichiatria, Società Italiana di Psichiatria (SIP), Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF), Fondazione Progetto ITACA e ONDA (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna) che partirà in primavera. Coinvolgerà nell’arco di 18 mesi più di 3.000 specialisti e operatori sanitari di 36 Dipartimenti di Salute Mentale in attività di formazione su tutti gli elementi utili al benessere dei pazienti: non solo farmacoterapia, ma anche psicoeducazione e riabilitazione cognitiva, organizzazione dei percorsi terapeutici. Per la prima volta, la disciplina del Triathlon viene proposta come nuovo approccio per il benessere delle persone con psicosi: nei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) verrà avviato un percorso di allenamento sulle tre specialità del Triathlon, nuoto, corsa e ciclismo, con incontri regolari tenuti da istruttori della FITRI (Federazione Italiana Triathlon), supporti educazionali cartacei e on-line. Nei DSM verrà promossa la costituzione di squadre miste formate da pazienti, medici e personale sanitario, che si potranno cimentare in una o più discipline del Triathlon per poi partecipare alle tre manifestazioni sportive non competitive che verranno organizzate nei maggiori capoluoghi italiani nell’arco dei prossimi mesi, dando vita al Primo campionato di Triathlon a squadre della salute mentale. <Il progetto ha l’obiettivo di contribuire alla promozione del trattamento integrato per le persone affette da psicosi grave>, puntualizza il dottor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP). <La psicosi è tra le patologie che hanno un impatto maggiore sulla vita del paziente e dei familiari ed è tra le prime dieci cause di grave disabilità cronica. Queste persone presentano severi problemi di disabilità, con gravi ripercussioni nella sfera familiare, sociale, professionale e sono caratterizzati da maggiori rischi di esclusione sociale e da un’alta propensione al suicidio. Praticare una disciplina sportiva potrebbe favorire indipendenza, benessere e reinserimento sociale e lavorativo dei pazienti con psicosi, una malattia che oggi deve essere considerata curabile, contro lo stigma che accompagna ancora chi soffre di disturbi mentali>.
<E’ importante mettere in atto un trattamento integrato, che prevede rimedi non solo farmacologici, ma anche psicosociali per aumentare la probabilità che le persone affette da questi disturbi abbiano accesso alle possibilità che la vita offre nell’ambito dei rapporti interpersonali e familiari>, fa notare la professoressa Silvana Galderisi, ordinario di Psichiatria all’Università degli Studi di Napoli e presidente eletto dell’Associazione Europea di Psichiatria. <Nonostante non vi sia un focus specifico sulle donne in questo progetto, promuovere presso i luoghi di cura un approccio che mette la persona al centro del percorso di cura, prevede una disamina accurata anche dei contesti di vita della persona e il coinvolgimento dei familiari nel percorso terapeutico, può avere importanti ricadute per aspetti specifici della salute della donna, sia ella paziente o caregiver, quali l’esposizione alla violenza domestica o al sovraccarico lavorativo derivante dal cumulo di responsabilità familiari e lavorative>. (Paola Trombetta)