Potenziare le capacità del nostro cervello è un sogno di molti. A partire dagli studenti sotto esame, ai professionisti per migliorare le performances, ai piloti per potenziare la concentrazione, ai chirurghi per concentrare l’attenzione. In commercio si trovano farmaci, ormoni, integratori che promettono di migliorare la capacità di apprendimento, aumentare la memoria, annullare la fatica. Si tratta di sostanze legali, niente a che fare con gli stupefacenti. Spesso sono farmaci nati per curare patologie neurologiche, come il disturbo da deficit dell’attenzione, narcolessia, Alzheimer, che in soggetti sani hanno mostrato aumento della capacità di attenzione e memoria, diminuzione del senso della fatica. Le sostanze che potenziano i circuiti di memoria e apprendimento (dopamina, glutammato, noradrenalina) possono migliorare la funzione cerebrale in individui sani.
Per avere informazioni a riguardo, si può leggere il libro “Cervello senza limiti”, scritto dalla giornalista scientifica Johann Rossi Mason, frutto di anni di interrogativi e ricerche. «Tra il 2007 e il 2009 – ricorda l’autrice- ho raccolto e seguito le ricerche su questo fenomeno che mi aveva incuriosita. Poi la vita mi ha portata ad accantonare il progetto, ma capivo che le ricerche andavano avanti, insieme ai dubbi etici e alle polemiche. Il dibattito era sempre più maturo. Nel 2017 l’inchiesta premeva nella mia testa come un bambino che dovesse nascere; mi sono chiusa un mese in campagna, ho organizzato il materiale e ho scritto circa 11-12 ore al giorno. Ero motivata a firmare quella che è la prima inchiesta italiana sul potenziamento cognitivo».
«Il “potenziamento cognitivo” (brain enhancement come lo chiamano gli anglosassoni) é un fenomeno di cui abbiamo preso consapevolezza negli ultimi dieci, quindici anni», puntualizza l’autrice. «Era il 2007 quando mi sono imbattuta nell’articolo che ha scoperchiato questo vaso di Pandora: Barbara Sahakian e Morein-Zamir lanciano un sondaggio tra ricercatori e accademici che si diffonde in tutto il mondo e svela un utilizzo significativo di sostanze attive sul sistema nervoso centrale: i risultati guadagnano la pubblicazione su Nature. Niente a che fare con quello che i ragazzini usano per lo sballo in discoteca o per allentare i freni inibitori e aumentare la capacità di socializzazione. Con queste sostanze vai in biblioteca, non in discoteca. Sono ricercate da soggetti ambiziosi, che vogliono spostare più in là i propri limiti, essere più produttivi. Ma attenzione, chi crede che aiutino ad ottenere risultati brillanti senza sforzo rimarrà deluso e non aumentano l’intelligenza. Sono come un additivo per motori già performanti».
Vengono chiamate anche “smart drug”: negli Stati Uniti sono sostanze non sottoposte alla severa normativa della Food and Drug Administration che regolamenta i farmaci e quindi vengono indicati come integratori naturali o sintetici venduti singolarmente o in combinazione. Un sondaggio condotto all’Università di Oxford nel 2016 ha svelato che il 15,6% degli studenti ha assunto sostanze nootropiche (legali), anche senza prescrizione medica, tanto da spingere l’università a organizzare laboratori informativi sul tema. E in Svizzera la ricercatrice Larissa Maier dell’università di Zurigo ha stimato con un’indagine che tra il 15 e il 20% degli studenti ha provato a migliorare le performance scolastiche affidandosi a farmaci o alcol. In Italia non ci sono dati precisi, ma è stato appena lanciato un sondaggio online sul sito: www.cervellosenzalimiti.it per indagare il fenomeno e quantificarlo. I risultati saranno diffusi tra qualche mese.
Ma è facile procurasi tali sostanze? Tutt’altro e questo apre una questione importante. I farmaci di cui parliamo hanno l’obbligo di ricetta medica e poichè non è possibile ottenerla per i sani, le persone si rivolgono al mercato nero o al web. I pericoli sono in agguato: dal ricevere farmaci che non contengono affatto quel principio attivo, sino al rischio di assumere un farmaco contraffatto che contiene sostanze pericolose. Da ribadire il no assoluto all’assunzione da parte di ragazzini sino a 18-20 anni:il cervello è ancora in formazione e non è possibile sapere quali effetti possono generare.
Paola Trombetta