Sarà una doppia inaugurazione quella che avverrà a Venezia nei prossimi giorni: il Convegno all’Istituto di Storia della Reumatologia e la Mostra sulla Storia della Pubblicità Farmaceutica per la Terapia del dolore e delle malattie reumatologiche che prenderanno il via il 14 ottobre, in occasione della Giornata delle Malattie reumatiche, per proseguire fino al 28 ottobre. La sede è l’Ospedale Civile di Venezia, che ospita l’Istituto di Storia della Reumatologia, fondato nel 2020 dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR). Oggetto del convegno saranno la medicina di genere, declinata in particolare nella sfera femminile: saranno presentate ricerche storiche riguardanti le donne, le più colpite dalle malattie reumatologiche, quasi assenti invece nei documenti storici.
<Le malattie reumatologiche sono più di 150 e in Italia colpiscono più di 5 milioni e mezzo di persone, soprattutto donne in un rapporto di 3 a 1>, commenta Roberto Gerli, Presidente Nazionale SIR. <Agli inizi dell’800, invece, erano quasi sconosciute, con poche eccezioni come ad esempio la gotta, vista come una patologia “aristocratica”, in quanto correlata al consumo di carni rosse. Oggi, grazie al forte impatto della pubblicità, la conoscenza di queste malattie è molto più diffusa. Basti pensare che il cortisone, uno dei farmaci che ha modificato gli esiti delle malattie reumatologiche, ha iniziato a essere usato nel 1948. Questo dimostra quanto la ricerca abbia permesso di cambiare notevolmente il panorama terapeutico, modificando in positivo le prognosi di milioni di persone. Quella dell’Istituto di Storia della Reumatologia è un’iniziativa innovativa, che permetterà di scoprire un secolo di manifesti e inserzioni pubblicitarie su questa malattia, dal 1850 al 1950>. <Siamo orgogliosi di avviare un progetto così innovativo>, afferma Leonardo Punzi, Direttore dell’Istituto di Storia della Reumatologia, <con l’obiettivo di promuovere l’importanza della pubblicità, nata a metà dell‘800 e messa da subito al servizio della popolazione, bisognosa di numerosi farmaci, soprattutto antidolorifici. Le aziende produttrici, data la recente immissione dei prodotti sul mercato, hanno visto nella pubblicità un mezzo per la loro diffusione, con manifesti e inserzioni sulle testate più lette. A quei tempi gli analgesici erano derivati dell’oppio, tra cui morfina, eroina e cocaina, ma si ignoravano i loro effetti negativi e, anzi, si promuoveva il loro consumo anche tra i più giovani. Il primo antidolorifico “moderno” fu l’aspirina, nata nel 1897, una vera e propria rivoluzione nel mercato farmaceutico. Da allora si sono studiate diverse terapie fino ai farmaci biologici di ultima generazione che hanno cronicizzato queste malattie, con una qualità di vita nettamente migliore per i malati. Ma l’arma più importante per affrontare queste malattie è la diagnosi precoce, che può avvenire solo se si fa attenzione agli eventuali sintomi, Per questo l’informazione è fondamentale: maggiori sono i controlli e le opportunità di iniziare a curarsi, migliori sono gli esiti della malattia>.
E anche una mostra come quella di Venezia potrà fare la sua parte.<La pubblicità altro non è che una forma d’arte che ha dovuto pazientare per riuscire a ritagliarsi uno spazio nel panorama culturale>, sottolinea Elisabetta Pasqualin, Direttrice del Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso. <Esattamente come pittura e scultura, però, è stata in grado di intervenire su importanti aspetti della società, modificandola. Tra il 19° e il 20° secolo le aziende farmaceutiche hanno iniziato a percepire la potenza del mezzo che stava nascendo e a utilizzarlo per promuovere i loro prodotti. La democratizzazione dell’arte è passata anche dalla pubblicità del settore sanitario, con manifesti visibili nelle strade, nelle stazioni, sotto gli occhi di tutti, unendo un altissimo valore artistico a una valenza sociale e culturale importante>.
Paola Trombetta