Per una donna il periodo della gestazione è caratterizzato da una serie di cambiamenti psico-fisici, che a volte generano apprensione e stress. La musica gioca sempre un ruolo fondamentale, soprattutto in questo momento, perché, oltre ad avere la capacità di rilassare, aiuta a stimolare moltissime capacità nel nascituro: memoria, concentrazione, creatività. <La musica ideale per il feto e per la mamma sarebbe quella classica – secondo il Professor Giuseppe Di Mauro, Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) – perché con le sue note e variazioni mai ripetitive contribuirebbe allo sviluppo dell’intelligenza del bambino. La musica lenta inoltre avrebbe la capacità di regolarizzare il battito cardiaco, abbassando la pressione sanguigna e migliorando lo stato emotivo>. Cantare, poi, sarebbe anche meglio! Attraverso l’emissione vocale tutto il corpo genera vibrazioni capaci di provocare il rilassamento dei tessuti. La voce della mamma arriva al bambino come una carezza, una coccola con la sua vibrazione.
Già dalla ventottesima settimana di gestazione, la musica contribuisce anche alla formazione dell’apparato uditivo del nascituro. A sostenerlo è uno studio dell’Università di Helsinki, pubblicato sulla rivista scientifica Plos one, che ha coinvolto numerose donne in gravidanza i cui bambini sono stati monitorati dopo quattro mesi dal parto. Lo studio ha coinvolto 24 donne, metà delle quali hanno dovuto ascoltare per cinque volte alla settimana un cd con tre melodie, tra le quali twinkle twinkle little star, ninna nanna. Dopo il parto, i ricercatori hanno fatto ascoltare lo stesso brano ai bimbi appena nati e poi ancora dopo quattro mesi e grazie a una tecnica di rilevazione delle reazioni cerebrali hanno notato risposte molto diverse.
I bambini del gruppo di 12 mamme che avevano ascoltato la melodia, a differenza di quelli che non erano stati sottoposti allo stimolo, hanno mostrato di riconoscere la musica. Questo studio dimostra anche che le tracce mnestiche fetali possono sicuramente influenzare le capacità di apprendimento del bambino durante l’infanzia. Queste scoperte potrebbero aiutare a elaborare nuovi approcci terapeutici e di prevenzione dei deficit generali, come quelli del linguaggio.
(Lara Luciano)