Si chiamano fattori di crescita ed il loro ruolo è fondamentale nel corso di trattamenti chemioterapici, sia in caso di tumori solidi (quelli che colpiscono gli organi) ma anche ematologici come le leucemie, perché aiutano a riportare a livelli accettabili il numero dei globuli bianchi. Sono loro infatti ad essere messi a dura prova durante il trattamento tanto che, se si abbassano di molto, impediscono di proseguire la cura con regolarità, o ancora espongono a un maggior rischio di effetti collaterali: ‘febbre da chemio’, in primo luogo, infezioni o implicazioni anche più importanti. I fattori di crescita si conoscono già dagli anni’90, ma ora se ne è perfezionato l’utilizzo: vale a dire che se ne fa un uso ‘personalizzato’ alle necessità del paziente. Infatti non vengono somministrati ad ogni ciclo, ma solo quando il numero di globuli bianchi diminuito lo richiede e in un dosaggio selezionato (con una azione di efficacia a più lunga o breve durata) che il paziente può iniettarsi in autonomia con una normale siringa, direttamente al proprio domicilio. «Tenere sotto controllo i globuli bianchi – spiega il dottor Sandro Barni, Direttore Oncologia Medica Azienda Ospedaliera Treviglio-Caravaggio Barni – significa non solo ridurre l’insorgenza di diverse patologie correlate a livelli troppo bassi, ma consente anche di non variare il piano terapeutico, rispettando cioè regolarità e intensità del trattamento, a vantaggio del buon esito della terapia». Con risvolti, per il paziente, non solo sul fisico, ma anche psicologici: la riduzione di ansia, depressione, paura di non guarire o di aggravare lo stato di malattia che crescono e si accompagnano specie ad un ciclo di chemio mancato o posticipato per un emocromo che al ‘D-day’ precedente alla terapia, non è arrivato alla sufficienza dei globuli bianchi.
Francesca Morelli