Il caldo estivo favorisce la voglia di dormire durante il giorno. Su un tema così attuale in questo periodo di temperature record, la Società Italiana di Neurologia diffonde i risultati di importanti studi scientifici che dimostrano i benefici della siesta pomeridiana. L’estate scorsa uno studio della Northwestern University pubblicato su Current Biology (https://www.cell.com/current-biology/fulltext/S0960-9822(22)01209-X) aveva indicato che le temperature superiori a 25 gradi spingono facilmente alla siesta, perché esiste un termometro cerebrale che regola il metabolismo corporeo secondo le temperature esterne.
«Col riscaldamento globale queste temperature sono state ormai abbondantemente superate», afferma il Professor Alfredo Berardelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia. «Secondo uno studio appena pubblicato dalle Università di Montevideo e Londra e dal Center for Genomic Medicine di Boston e dal Broad Institute di Cambridge, esiste una predisposizione genetica alla siesta che al contempo sembra essere associata a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer (https://doi.org/10.1016/j.sleh.2023.05.002)». I benefici cerebrali si evidenziano con una siesta anche di 15/30 minuti e possono protrarsi fino a 1 o 3 ore dopo il sonnellino.
Lo studio ha esaminato circa 500 mila soggetti di ambo i sessi con età compresa fra 40 e 69 anni che sono stati prima valutati con studi GWAS, cioè di associazione genome-wide che registra tutte le variazioni geniche tra gli individui presi in esame, correlandole alle differenze di alcuni tratti particolari. «I soggetti del campione sono stati poi valutati tramite imaging cerebrale», ha commentato il professor Giuseppe Plazzi, Responsabile dei Laboratori per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna. «È risultato che la predisposizione genetica al sonnellino diurno era associata a un volume cerebrale totale maggiore di 15,80 cm3: secondo gli autori potrebbe suggerire che regolari sonnellini diurni forniscono una certa protezione contro la neurodegenerazione, compensando la carenza di sonno notturno». Non risultava comunque aumentato il volume dell’ippocampo, né miglioravano il tempo di reazione e la memoria visiva. Considerando che altri studi indicano un declino generale del volume cerebrale totale compreso tra lo 0,2% e lo 0,5% all’anno, questa scoperta potrebbe indicare che chi abitualmente fa la siesta pomeridiana guadagna fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale. La mancata evidenza di un’associazione tra la siesta, il volume dell’ippocampo e i miglioramenti cognitivi potrebbe però indicare che altre aree cerebrali, come quelle preposte alla vigilanza, possono essere influenzate dall’abituale sonnellino diurno e occorreranno altri studi per individuare questa relazione. Per ulteriori informazioni: www.neuro.it.
di Paola Trombetta