Circa 2 milioni e nel 70% dei casi in età pediatrica. È il numero di italiani affetti da una malattia rara, secondo la rete Orphanet Italia. Patologie che per il 72% hanno un’origine genetica e nei restanti casi sono il risultato di infezioni, allergie e cause ambientali, oppure tumori rari: è quanto riporta l’Osservatorio Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità. Oggi si conoscono e vengono diagnosticate circa 10 mila malattie rare, destinate a una costante crescita, grazie alla ricerca scientifica e a diagnosi sempre più precoci, attraverso gli screening neonatali alla nascita. Le malattie rare possono colpire molti organi o apparati, ma in larga parte (40%) hanno una componente neurologica, coinvolgendo il sistema nervoso centrale e periferico e i muscoli, con un impatto importante su bambini e adolescenti: disabilità neurologiche, neuropsicologiche e psichiatriche in parte dovute alla stessa malattia e come conseguenza dell’isolamento sociale sperimentato nei contesti di vita. «Negli anni si è fatto molto nella sensibilizzazione e diagnosi precoce, ricerca genetica e studio di farmaci orfani e sviluppo di nuovi trial terapeutici», spiega la professoressa Elisa Fazzi, Presidente SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Spedali Civili e Università di Brescia. «Oltre a continuare in questa direzione, occorre dedicarsi alla migliore presa in carico e riabilitazione, spesso di lungo periodo e multidisciplinare, di cui i piccoli pazienti hanno bisogno».
Il Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2025, recentemente approvato, rappresenta un traguardo importante, un passo avanti nella ricerca e in un maggior accesso alla diagnosi e alla cura. «Per ottenere una maggiore ed efficace conoscenza dei sintomi e della storia naturale di ogni malattia rara – prosegue la professoressa – è necessario promuovere i registri di malattia e costruire strumenti o scale di valutazione, utili per seguirne l’evoluzione, ma anche osservare l’efficacia delle terapie in fase di sperimentazione, così da arrivare alla definizione di una neuropsichiatria infantile di precisione».
In questo percorso di presa in carico dei piccoli e di valorizzazione dei sintomi, dove viene coinvolta la “rete” dei servizi territoriali e delle strutture diagnostiche di terzo livello, il Neuropsichiatra Infantile ha un ruolo cruciale. «Il miglioramento della prognosi è legato alla precocità e appropriatezza degli interventi multidisciplinari, ovvero sanitari, sociali, educativi, personalizzati sui bisogni di ogni bambino, secondo priorità specifiche, condivisi con la famiglia», aggiunge la dottoressa Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) della Fondazione IRCCS “Ca’ Granda” Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. «Ai piccoli deve essere garantita la continuità di cura nel passaggio in età adulta, mantenendo un punto di riferimento specialistico che possa affiancare la presa in carico sociale». Obiettivi che in Italia sono favoriti dalla Legge per le malattie rare (Legge 175/2021), unica in Europa per ampiezza delle garanzie e del supporto al bambino con malattia rara ed alla sua famiglia, e dalla legge sulla prevenzione delle malattie rare curabili tramite screening neonatale di massa (Legge 167/2016) che include circa 50 condizioni in cui la diagnosi precoce e il tempestivo trattamento prevengono o limitano in modo sostanziale le conseguenze cliniche della malattia.
«La legge – conclude il professor Vincenzo Leuzzi, già Direttore dell’Istituto di Neuropsichiatria infantile dell’Università “Sapienza” di Roma – ha istituito centri clinici di riferimento per i bambini diagnosticati tramite screening neonatale, in molti dei quali il neuropsichiatra infantile è un riferimento essenziale per le patologie di sua competenza».
Francesca Morelli