PIU’ TUMORI NELLE DONNE E MENO NEGLI UOMINI: LO ATTESTA IL LIBRO PRESENTATO AL MINISTERO

Aumentano i nuovi casi di tumore fra le donne e diminuiscono fra gli uomini. Nel 2016 le italiane colpite dalla malattia sono 176.200 (erano 168.900 nel 2015): in particolare quest’anno sono stimati 50.000 nuovi casi di tumore del seno (48.000 nel 2015), da ricondurre anche all’ampiamento della fascia di screening mammografico in alcune Regioni. Per gli uomini invece si assiste a un fenomeno opposto, con 189.600 nuove diagnosi e un calo del 2,5% ogni 12 mesi (erano 194.400 nel 2015): perché i big killer iniziano a far meno paura, in particolare le neoplasie del polmone, prostata, colon-retto e stomaco. Nel 2016 sono stimate complessivamente più di 365.000 nuove diagnosi di cancro: la neoplasia più frequente è quella del colon-retto (52.000), seguita da seno (50.000), polmone (41.000), prostata (35.000) e vescica (26.600). E’ il censimento ufficiale, giunto alla sesta edizione, che fotografa l’universo cancro grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2016” presentato all’Auditorium del Ministero della Salute in un convegno nazionale. «Ogni giorno circa 1.000 persone ricevono la diagnosi», spiega il professor Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM. «Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della prostata negli uomini e del seno nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni che si avvicinano al 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce». Per la prima volta un capitolo del volume approfondisce il ruolo del test per l’Antigene Prostatico Specifico (PSA). «Agli inizi degli anni ‘90 l’introduzione di questo esame ha modificato l’epidemiologia del tumore della prostata», continua il professor Pinto. «L’aspetto negativo dell’esecuzione non controllata di questo test è il rischio di sovradiagnosi, cioè di individuazione di tumori che non avrebbero dato luogo a sintomi e non sarebbero stati diagnosticati a causa della loro lenta crescita. Uno studio condotto in Europa su 162.387 uomini ha evidenziato però, grazie a questo test, una netta riduzione della mortalità per carcinoma prostatico, pari al 21%».

Oltre al PSA, in questa edizione dei “Numeri del cancro” è stato approfondito il tema dello screening per il tumore della cervice uterina, uno più frequenti nelle giovani donne (under 50), al 5° posto con 2.300 nuove diagnosi stimate in Italia nel 2016. Alcuni programmi di screening hanno sostituito il Pap-test con il test HPV (Human Papilloma Virus), nell’ambito di progetti pilota, a seguito della pubblicazione delle raccomandazioni del Ministero della Salute nel Piano Nazionale della Prevenzione 2010-2012. «Il nostro Paese, primo in Europa insieme all’Olanda, ha deciso di innovare questo programma di prevenzione, con l’HPV come test primario dello screening cervicale», afferma la dottoressa Stefania Gori, presidente eletto AIOM. «È un cambiamento che sta progressivamente prendendo piede: il test HPV viene proposto a partire dai 30-35 anni con intervallo quinquennale, mentre nella fascia di età precedente, fra i 25 e i 30 anni, si continuerà a utilizzare il Pap-test con intervallo triennale. Numerosi studi hanno evidenziato una maggiore sensibilità del test HPV nell’individuazione di lesioni tumorali rispetto al Pap-test. Attualmente in Europa diversi documenti di indirizzo lo propongono come test primario e in Italia questo protocollo è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni per la sua adozione a livello nazionale».
P.T.

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