Fino al 4% della popolazione adulta e il 6-8% dei bambini nei primi tre anni di vita (ma anche di altre età): sono i numeri delle allergie alimentari in Italia, diffusi da AAIITO, Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri, in occasione del Congresso di allergologia che si è tenuto i giorni scorsi a Roma. «Le allergie alimentari – spiega Riccardo Asero, Presidente eletto AAIITO – sono scatenate da reazioni immunologiche verso specifiche proteine, in particolare la Lipid Trasfert Protein, chiamate allergeni, presenti in alimenti prevalentemente vegetali. Nello sviluppo delle allergie alimentari sono coinvolte anche le IgE, speciali anticorpi che determinano il tipo e l’intensità della sintomatologia, che può manifestarsi in modo lieve, con prurito e maculo-papule a livello del cavo orale o grave con reazioni anafilattiche, anche potenzialmente letali».
Nei bambini, i cibi allergici incriminati sono soprattutto uova e latticini che possono peggiorare uno stato latente o una dermatite atopica già esistente, una problematica cutanea frequente nell’età infantile fino all’adolescenza, associata o ri-alimentata proprio da cibi allergenici. «Conoscere quali allergeni scatenano la sintomatologia – aggiunge Asaro – è fondamentale per poter attuare una corretta dieta di eliminazione, senza eccedere in privazioni inutili o di contro assumere cibi a maggior rischio di anafilassi». Oppure sviluppare reazioni che possono coinvolgere più organi: la pelle con orticaria, angioedema ed eczema, il cavo orofaringeo con gonfiore delle labbra e voce rauca, l’apparato gastroenterico con nausea, vomito, diarrea e crampi intestinali, l’apparato respiratorio con broncospasmo, tosse, naso chiuso e difficoltà respiratoria ed infine l’apparato cardio-circolatorio con aritmie, pressione bassa e svenimento.
Di norma le prove allergiche vengono attuate con la somministrazione di test che utilizzano estratti dell’alimento intero (diagnostica di I livello), ma che non permettono di determinare uno o più allergeni verso cui la persona è reattiva, né la possibile gravità della manifestazione allergica. Per una diagnosi accurata sarebbe invece importante avvalersi del dosaggio delle singole proteine allergeniche sospette (diagnostica di II livello), indagate mediante analisi sul sangue, che devono essere richieste dallo specialista allergologo, o del dosaggio semi-quantitativo. Una metodica che consente di dosare con pochi microlitri di sangue decine di molecole allergeniche, monitorando così un ampio spettro di allergeni. «E’ fondamentale – conclude Antonino Musarra, Presidente AAIITO – non affidarsi a test fai-da-te o in farmacia, ma a un allergologo esperto che può approfondire la diagnosi con test di secondo o terzo livello, fino al test di scatenamento orale, tramite l’assunzione dell’alimento sospettato per allergia, da eseguire rigorosamente sotto controllo medico».
Francesca Morelli