SCOPERTO UN GENE DELLA SLA, GRAZIE ALLE… “SECCHIATE D’ACQUA”!

Non tutte le “secchiate d’acqua” vengono per nuocere. Lo dimostra la campagna “Ice Bucket Challenge” che, partita nel 2014 su iniziativa della Asl Association, alla quale hanno aderito anche alcune associazioni italiane come l’Arisla e l’Aisla, invitava a svuotarsi un secchio di acqua gelata in testa con uno scopo nobile: raccogliere fondi per promuovere la ricerca sulla SLA (Sclerosi Multipla Amiotrofica), una malattia neurologica progressiva per la quale attualmente non esiste una cura. La campagna ha acquisito dimensioni virali: 24 mila video di secchiate – di personaggi del calibro del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama o del premier Matteo Renzi; di uomini di scienza e cultura come Bill Gates, Tim Cook e Mark Zuckerberg; di star dello spettacolo e del cinema internazionali quali Steven Spielberg, Tom Cruise, Beyoncé; di volti italiani noti fra cui Gianni Morandi, Belen Rodriguez, Fiorello, Luciana Littizzetto e Gigi Buffon – hanno fatto il giro del mondo via etere, consentendo di raggiungere un importo finale di 115 milioni di dollari in donazioni.
I fondi hanno permesso di avviare importanti studi di cui, almeno due, hanno dato un iniziale buon esito. Il primo, pubblicato sulla rivista Nature Genetics, riferirebbe della scoperta da parte di un gruppo di ricercatori dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano e del Centro “Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano, di una serie di geni all’origine della malattia, e in particolare del NEK1 il quale, da un’analisi di oltre mille casi familiari e più di 7.300 controlli sani, sembrerebbe avere un ruolo cruciale nelle forme familiari di Sla. Un secondo studio che ha riguardato la SLA sporadica, oltre ad aver confermato l’associazione con il gene SARM1, responsabile della malattia, avrebbe anche identificato altri “attori” coinvolti nella patologia: ovvero geni posizionati sul cromosoma 21, 3 e 14 e diverse altre particolarità genetiche associabili a forme di demenza o di neurodegenerazione. «Questi studi – ha dichiarato Giulio Pompilio, direttore scientifico di Arisla – ci aiuteranno a compiere un ulteriore passo in avanti verso la migliore comprensione della SLA e l’individuazione di nuove possibili terapie».

(Francesca Morelli)

Articoli correlati