Un test genomico per predire la risposta alla chemioterapia nelle pazienti colpite da tumore della mammella. Si chiama Oncotype DX Breast Recurrence Score ed è stato presentato alla Conferenza europea sul tumore del seno (European Breast Cancer Conference), che si è svolta in forma virtuale i primi di ottobre. L’analisi presentata riguarda 567 pazienti, 403 con linfonodi negativi e 167 con uno o tre linfonodi positivi. I risultati mostrano che le raccomandazioni terapeutiche sono cambiate per il 33,5% delle pazienti in relazione al punteggio del test e che il suo utilizzo nel guidare le decisioni terapeutiche ha portato a una riduzione della chemioterapia del 23,5%. Questi cambiamenti nel trattamento avrebbero potuto essere maggiori nelle pazienti con linfonodi negativi, se i criteri decisionali fossero stati applicati al momento dell’analisi. I risultati sono in linea con gli studi precedenti e rafforzano ulteriormente l’utilità clinica del test per ottimizzare le raccomandazioni relative alla chemioterapia nei pazienti con tumore del seno in fase iniziale, con recettori ormonali positivi, HER-2 negativi con o senza coinvolgimento linfonodale. <I test genomici sono in grado di supportare l’oncologo nella personalizzazione delle terapie in pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale>,afferma il professor Francesco Cognetti, Presidente Fondazione Insieme contro il Cancro e Direttore Oncologia Medica Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. <Sono strumenti utili nella scelta del trattamento per le donne che, in base alle caratteristiche anatomopatologiche e cliniche, sono in una sorta di “zona grigia”, in una fase in cui non si può includere o escludere con certezza la chemioterapia rispetto alla sola ormonoterapia. Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 53.500 nuovi casi di tumore della mammella. La maggior parte presenta una malattia in fase iniziale, che esprime i recettori estrogenici, ma non la proteina HER2 (ER+/HER2-). In questi casi, dopo la chirurgia, la terapia prevede il trattamento endocrino, che può essere associato a chemioterapia, nei casi ritenuti a maggior rischio di recidiva. Le stime indicano che oltre il 50% delle donne operate per carcinoma mammario in fase iniziale riceve un trattamento chemioterapico dopo l’intervento chirurgico, anche se solo una percentuale inferiore beneficia realmente di questa strategia terapeutica. Da qui l’importanza del test genomico Oncotype DX, che è in grado di identificare le pazienti che hanno maggiore o minore probabilità di trarre beneficio dalla chemioterapia adiuvante o dalla sola ormonoterapia>.
Paola Trombetta