L’impegno delle Istituzioni nazionali e regionali per tutelare la presa in carico dei pazienti con tumore in questi mesi di pandemia è stato premiato nella seconda edizione del Cancer Policy Award, riconoscimento onorario assegnato ai politici che hanno tradotto in atti i punti qualificanti dell’Accordo di Legislatura, sottoscritto dalle Associazioni dei pazienti con le Istituzioni. I riconoscimenti sono stati conferiti dalle Associazioni e da una Giuria tecnico-scientifica, durante il Forum istituzionale, promosso dal Gruppo “La Salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, coordinato da Salute Donna Onlus, quest’anno in modalità virtuale, in cui si è fatto il punto, insieme a politici, istituzioni, amministratori, clinici e pazienti, su questo anno 2020 segnato dalla pandemia Covid-19. I pazienti con cancro hanno rischiato di pagare un prezzo molto alto a causa della pandemia, ma l’Oncologia e l’Ematologia hanno affrontato l’emergenza sanitaria con determinazione, grazie anche all’iniziativa di ogni singolo medico ed infermiere. Un rallentamento c’è stato nella gestione delle patologie croniche e quindi anche nella presa in carico, assistenza e cura dei pazienti oncologici. Adesso è tempo di capire come la pandemia abbia influito sulla salute delle persone che convivono con il tumore e pensare a una concreta ripresa.
«Prendiamo atto del grande sforzo portato avanti dall’oncologia e dall’ematologia italiane durante la pandemia Covid-19 per non lasciare indietro i pazienti con una diagnosi di cancro» dichiara Annamaria Mancuso, Coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” e Presidente Salute Donna onlus. «Ma l’emergenza non è finita e dobbiamo far sì che controlli e prime diagnosi non siano ritardati. I pazienti oncologici e onco-ematologici necessitano di politiche sanitarie dedicate che sappiano dare concretezza ai loro bisogni. Dobbiamo condividere le nostre problematiche con i rappresentanti nazionali e regionali delle Istituzioni, per ottenere un miglioramento dei processi di presa in carico e cura delle persone con tumore».
Quali iniziative sono state intraprese in questi mesi di emergenza, quali gli ostacoli e le difficoltà che i pazienti hanno dovuto affrontare, quali conseguenze bisognerà aspettarsi e quali sono le priorità di cui politici e Istituzioni dovranno tenere contro nei prossimi mesi?
«L’oncologia italiana è stata abbastanza unita in questo anno di pandemia, grazie anche alla comunicazione organica attuata dalla nostra società scientifica, l’AIOM, che ha dato a tutti noi regole di comportamento precise», afferma Filippo de Braud, Direttore Dipartimento di Oncologia Medica, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Nel momento più critico sono state fatte scelte che hanno privilegiato alcuni approcci terapeutici: le iniziative di riorganizzazione strutturale e clinica hanno consentito ai pazienti di muoversi il meno possibile per evitare il rischio di contagio.In questo complesso scenario, la ricerca oncologica è andata avanti e gli studi sperimentali nel nostro Paese sono stati mantenuti aperti con reclutamento di pazienti. Il domani si gioca sul vaccino e su regole di salvaguardia delle persone. Il Covid-19 ci lascia in eredità un bagaglio culturale che va ottimizzato: quello che è stato fatto in emergenza è un regalo per il futuro, una preziosa risorsa che permette di curare più persone».
In questo anno in Italia sono stati riorganizzati i percorsi di cura, tentando di mantenere inalterata la qualità dell’assistenza, sono stati messi in sicurezza i percorsi per i pazienti con patologie oncologiche, sono state pubblicate le linee guida per il trattamento dei pazienti oncologici e onco-ematologici. «Anche in ematologia la situazione ha funzionato, soprattutto per iniziativa personale di medici e infermieri», aggiunge Marco Vignetti, Presidente Fondazione GIMEMA. «Il numero di pazienti con tumore del sangue seguiti durante la pandemia è pressochè identico a quello prima del coronavirus, grazie a strumenti tecnologici di telemedicina e teleconsulto, che hanno vicariato l’accesso tradizionale alle strutture ospedaliere. Si è cercato di mantenere anche lo stesso numero di prime visite, sebbene si sia assistito ad un calo fisiologico degli accessi per timore del contagio. Nei prossimi mesi sarà necessario implementare la telemedicina, con l’ingresso di figure formate e competenti».
Nei prossimi mesi si dovrà consolidare la medicina territoriale avviando sistemi di telemonitoraggio domiciliare, sviluppare programmi di consegna a domicilio dei farmaci, elaborare percorsi per le terapie parenterali e trasfusionali a domicilio dei pazienti e predisporre prestazioni infermieristiche per prelievi a domicilio, oltre ad aggiungere il supporto alle farmacie del territorio.
Paola Trombetta