Non è violenza fare un gesto, un apprezzamento pesante se “gli atteggiamenti o l’abbigliamento di lei comunicavano che era disponibile”, né “forzare la partner a un rapporto sessuale se lei non ne ha voglia” e neppure “dare uno schiaffo se lei ha flirtato con un altro” o ancora “commentare un abuso fisico subito da una donna”. Sono alcuni dei dichiarati degli italiani emersi da una indagine demoscopica realizzata da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione italiana, presentati in Senato nel corso dell’evento “Tutti i volti della violenza”, promosso da Rete Antiviolenza del Comune di Milano e Gilead Sciences Italia, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza (25 Novembre). Dati che denunciano come l’azione culturale, appannaggio di uomini e donne, la sensibilizzazione sul concetto di violenza, le sue manifestazioni e la perpetrazione a danno delle donne siano ancora un percorso lungo, faticoso, impegnativo. Perché la violenza ha mille sfaccettature: psicologica, fisica, economica, sessuale, assistita dai figli. Stalking, discriminazioni, disparità di genere: tutte con lasciti e ripercussioni importanti. Se da un lato conforta che per gli italiani fermare la violenza contro le donne, sia essa fisica (60.8%) o psicologica (57.8%), è una questione di prioritaria importanza nell’agenda politica del Paese, dall’altro ci si scontra con atteggiamenti di discriminazione radicati nella società e di sottovalutazione di alcuni fenomeni, come la violenza sessuale. Secondo l’ISTAT circa il 5% delle donne 16-70enni (1 milione 157 mila) ha subito stupro o tentativo di stupro, ma più del 40% degli italiani pensa che non si superi il 3%.
«È necessario un cambiamento culturale che faccia sentire tutti e tutte parte del problema – dichiara Diana De Marchi, Presidente Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili e Rete Antiviolenza del Comune di Milano -perché le donne non possono e non devono essere lasciate sole ad affrontare la violenza e i maltrattamenti». Una necessità impellente a cui il territorio lombardo ha risposto con l’attivazione, già da diversi anni, della Rete Antiviolenza coordinata dal Comune di Milano: sostiene le donne che decidono di sottrarsi a situazioni di maltrattamento domestico e violenza di genere lungo tutto il percorso, offrendo accoglienza e ascolto, basati sulla relazione di genere, sostegno psicologico, giuridico (civile e penale), professionale/lavorativo, abitativo ed economico. Rete a cui continua ad affluire in numero sempre maggiore donne di ogni età e etnia: solo nei primi sei mesi del 2021, secondo i dati di 14 realtà operanti sul territorio tra Centri Antiviolenza e Case Rifugio del Comune di Milano, sono state raccolte 2200 le richieste di aiuto pervenute da circa 980 donne, di cui un quarto ha richiesto supporto per la prima volta, oltre 400 sono state accolte in percorsi per uscire da situazioni di violenza, 50 donne e 27 bambini ospitati in Case Rifugio. Il 59% delle donne aiutate dalla Rete ha figli, il 64% è di nazionalità italiana, il 68% ha subito violenza fisica, il 24% sessuale e il 22% economica, l’84% psicologica. L’offesa e la violenza nell’89% dei casi è stata perpetrata da un familiare: il 74 % da mariti, conviventi, fidanzati o ex, di questi il 68% è italiano.
Per rendere le possibilità di aiuto più ampie e agevoli, Gilead Sciences ha fatto “alleanza” con la Rete Antiviolenza Milano offrendo 20 mila euro per la realizzazione di iniziative a favore di donne vittime di violenza di genere: tirocini e borse di lavoro per percorsi e progetti di reinserimento lavorativo e riqualificazione professionale, servizi per la conciliazione famiglia-lavoro, progetti di autonomia abitativa, spese per la promozione della salute per donne vittime e figli minori coinvolti, spese legali per iter giuridici civili. E sulle modalità per combattere il fenomeno della violenza gli Italiani optano per la soluzione “culturale”, promuovendo conoscenza e rispetto delle donne nelle scuole, di ogni ordine e grado, cui segue l’intervento sul welfare pubblico con orari di lavoro, offerta di servizi, sussidi per l’acquisto di servizio di asilo nido, riconoscimento del lavoro domestico e percorsi di empowerment femminile per le vittime di violenza quali sostegno psicologico, attività sull’autostima e la consapevolezza, supporto al reinserimento lavorativo e nella società e, infine, una legge che renda obbligatorio un periodo di paternità di 2-3 mesi.
Francesca Morelli