I pediatri italiani sono stati convocati dalla Commissione Parlamentare Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza per affrontare il problema della violenza sui minori: un primo passo verso l’istituzione di un registro nazionale e una più ampia conoscenza del fenomeno, oggi sottostimato. <La violenza sui bambini non è un problema solo sociale e penale, ma ha un forte impatto sulla salute pubblica, con conseguenze anche sulla salute mentale, fisica e riproduttiva dei bambini e sullo sviluppo dell’intera società, anche in termini di costi economici>, ha affermato Carla Berardi, pediatra e rappresentante di ACP (Associazione Culturale Pediatri) lo scorso 20 giugno durante l’audizione in Parlamento. L’evento fa parte dell’indagine conoscitiva, sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti, portata avanti da Montecitorio e Palazzo Madama. Presenti anche la Società italiana di Pediatria (SIP) e Federazione Italia Medici Pediatri (FIMP). Nel 1997 la violenza sui minori è stata dichiarata dall’OMS problema prioritario di salute pubblica, ma l’Italia non ha ancora istituito un registro nazionale.
Basti dire che i dati disponibili derivano unicamente da studi di popolazione, il più recente dei quali risale al 2013 (ricerca Terre des Hommes/Cismai, su 251 comuni, per un bacino di 2,4 milioni di minori in Italia): lo 0,9% dei minori sono vittime di abuso, il 4% dei quali di abuso sessuale. Dati sottostimati, come dimostrano studi ricavati dalla letteratura internazionale, che sottolineano una sotto-rilevazione di addirittura 75 volte per il maltrattamento fisico e di 30 volte per l’abuso sessuale. <Considerando il dato dello 0,9, parliamo comunque di una prevalenza più alta di molte patologie pediatriche – tumori, diabete, cardiopatie congenite o sindrome di Down – alle quali invece si riserva una grande attenzione, con congressi, studi, pubblicazioni, movimenti di associazioni genitori, che invece manca del tutto quando parliamo di violenza sui minori>, aggiunge Berardi. <Questa mancanza impedisce di arginare un fenomeno, che ha gravi conseguenze sulla salute: lesioni fisiche, che possono arrivare fino alla morte; malattie mentali; assunzione di comportamenti a rischio (abuso di alcol e droghe, fumo) e il conseguente sviluppo di malattie croniche (obesità, diabete, malattie cardiovascolari, ictus, cancro) ad alto costo sociale; comportamenti sessuali a rischio (gravidanze precoci, HIV). Fermo restando che dall’abuso non si guarisce: l’intervento terapeutico riduce il danno, ma non l’annulla, e c’è un alto rischio di ricorrenza, perché bambini abusati possono diventare genitori abusanti>.
Per non parlare dei problemi creati dal Web, che ha contribuito a far emergere una nuova forma di abuso: l’abuso online. Il web rappresenta un terreno fertile in cui il fenomeno dell’abuso sessuale a danno di bambini trova nuove forme di espressione: sexting (invio di foto sessualmente esplicite tramite messaggistica), sextortion (estorsione tramite minaccia di pubblicazione di foto sessualmente esplicite), grooming (adescamento di un minore via Internet) e live distant child abuse (condivisione di video pedo-pornografici). L’abuso sessuale online ha un’aggravante: le immagini delle violenze hanno un effetto dirompente sui vissuti post traumatici. Secondo un recente resoconto della polizia postale, l’aumento del numero di adolescenti presenti sul web ha determinato una crescita esponenziale del numero di minorenni vittime di reati contro la persona: dai 104 casi registrati nel 2016 si è passati a 177 nel 2017, e 202 casi trattati nel 2018, e le vittime hanno tutte un’età compresa tra i 14 e i 17 anni. Il rischio cresce con l’età e per le femmine. Dati del Commissariato di pubblica sicurezza sottolineano che dal gennaio 2018 al mese di aprile 2019, sono state eseguite 570 perquisizioni su tutto il territorio nazionale, che hanno consentito di indagare 768 persone (52 arrestati e 716 denunciati) per reati attinenti alla pedo-pornografia online.
Paola Trombetta